Kiss of the Vampire - Trilogia Whispers in the dark (vol. 1)

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  1. »Kartika«
     
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    NOTE: Kiss of the Vampire è il primo volume della trilogia Whisper in the dark.
    Essendo l'autrice, vieto di prelevare e riportare in altri forum, siti o blog, anche parzialmente, il materiale esposto in questa discussione senza il mio consenso, in quanto protetto da copyright.

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    TRAMA: In una prestigiosa scuola d'elite inglese, un ragazzo, figlio di un vampiro e di un'umana, si accinge suo malgrado ad affrontare la transizione che lo trasformerà in una creatura maledetta. Proprio quando i suoi sensi sembrano potenziarsi, l'arrivo di una nuova studentessa interferirà con il corso degli eventi. Per Victor e Nives, la cui attrazione reciproca si manifesta all'istante, anche l'incanto del primo amore diventa oggetto di struggimento. Una passione tormentata che da vita ad un desiderio ardente, travolgerà entrambi in un vortice incontrollabile. In una scuola dove i segreti sono messi a tacere, un ragazzo e una ragazza tentano l'impossibile per rimanere uniti.

    Capitolo 1
    (da pag 5 a 23)


    In cortile, Victor e Damien se ne stavano seduti sotto la loro quercia ad aspettare che la campanella annunciasse l’inizio delle lezioni.
    - Amico, questa volta hai combinato un gran casino con Jessica. -
    Damien cercò di camuffare la sua espressione divertita in finta concentrazione, ma riuscì soltanto a dimostrare che si stava prendendo gioco di Victor che a sua volta lo ignorò.
    - Ma poi io non ti capisco… Che accidenti ha Jessica che a te non sta bene? E’ la più figa di tutta la Jovanovic School. Quella ragazza è il top! -
    - Ah, lascia perdere… Tu non puoi capire! - rispose Victor mentre con una mano scostava i capelli che gli ricadevano imperterriti sulla fronte. Sconcertato osservò un gruppetto di ragazzine del primo anno che poco distanti da loro sospirarono all’unisono per quell’abituale gesto. - Stupide ragazzine! - sbottò.
    - No dai… Adesso non puoi dire che Jessica è stupida! - lo redarguì Damien evidentemente distratto. - Seguiamo diverse materie insieme e devo dire che la ragazza se la cava bene per essere anche una super figa da sballo. -
    - Premesso che chiunque paragonato a te è un genio, non mi riferivo a Jessica. Idiota, da quella parte - e con un cenno del capo, Victor indicò le ragazzine del primo anno. - Mi danno il tormento! Ovunque io mi giri, sento i loro occhi puntati addosso - dichiarò mentre lanciava loro un’occhiataccia che le indusse a voltarsi da un’altra parte.
    Intanto, dal viale che dal cancello principale conduceva al cortile della scuola, una berlina nera, tirata a lucido, faceva il suo ingresso alzando un polverone denso e bianco dalla ghiaia che era stata appena rastrellata dal manutentore.
    Damien si tirò su per avere una migliore visuale. - Chi sarà adesso? - si domandò, ma i finestrini dell’auto erano oscurati e quindi scoprirlo era praticamente impossibile. - Se è un nuovo studente, la sua famiglia avrà sborsato una grossa cifra per l’ammissione a metà del primo semestre. Vado a dare un’occhiata da vicino. - Porse una mano a Victor che l’afferrò per mettersi in piedi. - Amico, che fai resti qui? Io vado a dare un’occhiata da vicino. -
    - Andiamo - rispose Victor sbuffando. - Tanto sta per iniziare la prima ora. -
    L’autista, un uomo alto e robusto in abito nero, camicia bianca e scarpe lucidissime, fu il primo a scendere dall’auto e immobile come una statua, rimase fermo roteando gli occhi per guardarsi intorno.
    - Hei, pronto… Dico a te gigante! che aspetti ad aprire lo sportello? - Damien, al contrario del suo compagno, sembrava proprio impaziente di scoprire chi ci fosse dentro la macchina e questo era abbastanza comprensibile per chi viveva in un luogo dove le novità non riuscivano a trovare la giusta strada per raggiungerlo.
    Dopo circa cinque minuti buoni, che al ragazzo sembrarono interminabili, l’autista allungò una mano verso la maniglia dello sportello. Dall’interno, qualcuno aveva picchiettato sul vetro lasciando intendere che adesso poteva aprire.
    - La lentezza di quell’uomo è esasperante - osservò sempre più spazientito. "Vuoi darti una mossa?" gli ingiunse mentalmente.
    Finalmente con uno scatto deciso lo sportello si aprì.
    La prima cosa che i ragazzi videro, furono degli insoliti scarponcini neri allacciati appena sotto le ginocchia e quel particolare fece intendere a entrambi che il nuovo arrivato era una ragazza poiché non indossava i pantaloni che gli avrebbero altrimenti coperto buona parte degli anfibi.
    Quando la ragazza uscì dalla vettura, con le mani si ravvivò i capelli castani che le ricaddero sulle spalle in soffici onde. Il sole ne metteva in risalto ogni riflesso facendoli quasi splendere e fu proprio allora che Victor vide una lacrima sulla guancia della ragazza più bella che avesse mai visto.
    Ovviamente anche Damien notò la sua bellezza, ma non percepì la stessa sensazione che aveva invece raggiunto il suo amico alla bocca dello stomaco.
    Victor si sentì come soggiogato da quella presenza, incapace persino di distogliere lo sguardo da lei.
    Poi il suono snervante della campana della prima ora, avvertì gli studenti che era giunto il momento di abbandonare il cortile per raggiungere il più in fretta possibile le aule e Victor, dopo aver ritrovato il controllo di se stesso, strattonò l’amico ancora immobile a fissare la ragazza e ogni suo gesto.
    - Smettila di guardarla così, sembri un maniaco. -
    - Co… cosa? Ma l’hai vista? Secondo te quanti anni ha? E’ troppo… -
    - Certo che l’ho vista! - sbottò, interrompendo il suo amico. - Ma adesso togliti quell’espressione da imbecille dalla faccia e vai in classe. -
    Con una botta sulla spalla, lo spinse facendolo scattare bruscamente in avanti, poi a grandi passi si allontanò da solo.


    L’autista, aiutato dal manutentore, prese i bagagli della ragazza mentre lei, preceduta dalla vecchia e terribile signora Fitzgerald, la preside, faceva il suo ingresso in quella che sarebbe stata la sua scuola ma soprattutto la sua nuova casa per quello che si potrebbe definire un lunghissimo periodo.
    - Abbiamo fatto un’eccezione per lei, signorina Grad - dichiarò la preside, preferendo saltare ogni tipo di convenevoli e mettendo le cose subito in chiaro. - Qui alla Jovanovic School, accettiamo iscrizioni solo a partire dal primo anno mentre lei dovrà frequentare il quarto e poi, il suo arrivo a metà semestre… Mi auguro non porti nessun tipo di scompenso al regolare svolgimento delle lezioni. Sono comunque certa, che lei farà il possibile per mettersi in pari con gli altri studenti. -
    - Si, io… Farò il possibile per… - Il solo guardare quella donna, impedì a Nives di terminare la frase. Ogni sua attenzione era completamente rivolta a quella figura.
    La preside Fitzgerald era una donna di età indefinita, i suoi anni sembravano oscillare da un minimo di sessanta ad un massimo di novantasette, a seconda delle rughe che le increspavano il contorno degli occhi e delle labbra ogni qualvolta la sua espressione si alternava da rilassata a tesa. Indossava un severissimo abito di lana nera il cui unico particolare era costituito da una fila di bottoni dorati che dalla chiusura del colletto scendeva e terminava poco più in basso della vita, dove si congiungeva la gonna che le fasciava le gambe lunghe e sottili, fino alle caviglie. Delle scarpe, Nives riuscì ad intravedere solo le punte arrotondate e anche quelle erano nere. La totale mancanza di colore in quella donna le parve un dettaglio da non sottovalutare. Dopo averne esaminato l’abbigliamento, la ragazza si concentrò ancora una volta sul volto severo della donna. Era possibile che il colore della pelle fosse grigiastro?
    Probabilmente era la tonalità del vestito che le conferiva un aspetto spettrale, e i capelli, neri anch’essi, raccolti in una crocchia da cui non sfuggiva neanche un capello, la facevano apparire come una di quelle donne con la puzza sotto al naso che dirigevano i collegi femminili dell’ottocento.
    Ma nonostante tutto, furono gli occhi a turbarla. Erano grigi e assolutamente impenetrabili.
    - Rispetti sempre le nostre regole signorina Grad e si troverà bene alla Jovanovic School, in caso contrario... - la preside introdusse una breve pausa per accrescere volutamente la quasi palpabile tensione. - Provvederò io stessa ad informare i suoi familiari del suo ritorno a casa. -
    Nives annuì e distolse immediatamente lo sguardo dal volto della donna.
    Poco dopo il suo interesse si concentrò sull’ambiente che la circondava.
    Il salone principale della scuola le sembrò immenso, anche se l’arredamento vittoriano non le diede proprio l’impressione che quella fosse una scuola.
    C’erano maestose colonne di marmo, tende di pesante damasco dorato, tanto per mettere in risalto lo sfarzo dell’ambiente, un enorme e scintillante lampadario di cristallo e nelle pareti quadri e arazzi di ogni genere.
    Con aria di superiorità, cogliendo lo stupore causato dalla vista del salone, la preside congedò l’autista e lo rassicurò che sarebbe stato il manutentore a portare i bagagli nella stanza della signorina Nives Grad e allo stesso tempo una donna fece il suo ingresso nel salone tenendo fra le braccia un pesante proiettore che faceva barcollare pericolosamente il suo corpo snello in ogni direzione.
    - Signorina Norton - la chiamò la preside. - Sarebbe così gentile da mostrare alla signorina Grad l’intera Jovanovic School e di darle il modulo con il suo piano di studio e il regolamento? -
    - Ehm, certo preside Fitzgerald - assentì la malcapitata.
    I suoi occhi azzurri rotearono in ogni direzione sperando di trovare un appoggio al pesante proiettore.
    - Signorina Norton, mi auguro che non vorrà di certo lasciare quel coso nel salone. Lo porti prima nella sua aula e poi faccia quello che le ho chiesto! E sia puntuale alla sua lezione, non vorrei che si ripetesse lo stesso episodio della settimana scorsa. -
    - Si certo, sarò puntuale e farò quello che mi ha cortesemente chiesto. - La signorina Norton sorrise a quella che per Nives divenne senza ombra di dubbio l’odiosa-perfida-vecchiaccia-preside-Fitzgerald, poi si voltò verso la nuova arrivata, tendendole la mano.
    - Sono Alyson Norton, insegno Storia dell’Arte. - si presentò. - Vogliamo andare signorina Grad? Le mostrerò con piacere la sua nuova casa. -
    Nives pensò che quella donna, attraente ma goffa, era davvero troppo giovane per insegnare in un posto così antico.
    - Oh, si certo. - rispose la ragazza. - Posso aiutarla con il proiettore se vuole. -
    - No, nessun disturbo. Sono abituata a portare pesi su e giù per la scuola. -
    - Beh si, immagino… -
    Così, dopo aver collocato il proiettore in una delle aule del primo piano, Nives e l’insegnante fecero un giro quasi completo della Jovanovic School.
    Circa mezz’ora dopo, avevano visitato il seminterrato, il piano terra e il primo piano.
    Adesso Nives sapeva dove si trovavano la palestra e gli spogliatoi, la sala mensa, la biblioteca, una sala adibita al tempo libero e le aule che però non aprirono per non disturbare gli studenti che seguivano le lezioni.
    - Questo invece, è il dormitorio dei ragazzi, ma non c’è bisogno, ovviamente, di mostrarglielo. Qui le ragazze non possono accedere, pena l’espulsione immediata dalla scuola. -
    Si trovavano al secondo piano ma continuarono a salire fino al terzo. Non c’era alcun motivo di trattenersi.
    - Immagino - disse Nives cercando di nascondere un certo imbarazzo.
    Tra tutti i motivi per cui una ragazza e un ragazzo potevano incontrarsi nel dormitorio maschile, correndo il rischio di essere espulsi, le venne in mente solo quello più sconveniente.
    - Anche i ragazzi non possono accedere al dormitorio femminile - precisò l‘insegnante.
    - Pena l‘espulsione immediata? - chiese la ragazza anche se conosceva la risposta.
    - Ovviamente! - fu infatti la pronta risposta.
    - Bene, immagino che ha compreso come funzionano le cose qui. -
    Sorridendo quasi ad ogni frase pronunciata, la signorina Norton era riuscita a rassicurare la nuova arrivata. - Vogliamo proseguire? Scommetto che è ansiosa di vedere la sua nuova stanza. -
    Il viso della signorina Norton però, si rabbuiò subito dopo aver controllato il fascicolo della ragazza che oltre al piano di studio, indicava anche il numero della sua camera.


    La stanza di Nives era una delle ultime camere del dormitorio.
    Dopo averle aperto gentilmente la porta, la signorina Norton si congedò frettolosamente per non correre il rischio di beccarsi un altro severo rimprovero nel caso fosse arrivata nuovamente in ritardo alla sua lezione.
    Il piccolo spazio era quasi del tutto occupato da tre letti singoli allineati, tre piccoli armadi attaccati alla parete e una scrivania con due vecchie sedie di legno.
    In un primo momento, Nives ebbe il dubbio di trovarsi nella camera sbagliata o addirittura nel dormitorio sbagliato. Aveva appena girato buona parte della Jovanovic School ed era più che sicura che quella dove si trovava adesso, era la peggiore fra le stanze.
    Si guardò intorno dubbiosa, si avvicinò alla vecchia porta scrostata vicino gli armadi e si ritrovò in bagno.
    Non c’era la doccia, bensì una piccola vasca che non misurava il metro di lunghezza. La rubinetteria era corrosa dal calcare, lo specchio sul lavandino era macchiato chissà da quanto tempo e sicuramente le chiazze non sarebbero mai venute via strofinando e poi c’era una piccolissima finestra alta quasi fino al soffitto da cui era praticamente impossibile guardare fuori.
    Ancora perplessa, rientrò nella camera per scoprirne ogni particolare.
    Sulla parete di uno dei tre letti, vi erano state attaccate diverse fotografie con del nastro adesivo, soltanto due dei letti avevano le trapunte ed entrambe erano diverse. Sulla scrivania c’era una semplicissima lampada, due tazze stracolme di matite, penne e colori, una modesta fila di libri, una vecchia radio e diversi fogli di carta contenenti appunti e varie note.
    Almeno era una stanza luminosa, al contrario del bagno. C’era una finestra di regolare grandezza che non si affacciava sul curato prato della scuola, bensì sulla vastità del bosco che dal retro abbracciava tutta la struttura. La vista era straordinaria.
    Nives guardò le sue valigie che si trovavano ancora sulla soglia della porta e poi rivolse uno sguardo interrogativo ad uno dei piccoli armadi.
    - E adesso, dove la metto tutta questa roba? -
    Rifiutandosi di continuare a pensare ad altro, correndo il rischio di essere sopraffatta da uno sconfinato senso di delusione, si sdraiò su un letto a caso e chiuse gli occhi.


    Nell’aula della signorina Norton, Victor era totalmente abbandonato ai suoi pensieri. Guardava fuori dalla finestra ma in realtà la sua attenzione era persa chissà dove.
    O forse no… Possibile che pensasse ancora alla ragazza che aveva visto in cortile? Era come se l’immagine di quel viso si fosse impressa nella sua mente.
    Strappò una pagina dal suo blocco per gli appunti e scrisse in bella grafia.

    Vediamoci in biblioteca, dopo pranzo.

    Victor


    Al termine della lezione, afferrò bruscamente le sue cose e come una saetta tentò di raggiungere Damien prima che questo lasciasse l’aula.
    Per la fretta si scontrò bruscamente con una ragazza che con molta calma era intenta a disporre ordinatamente le sue cose nella borsa. Matite, penne, uno specchietto e due lucidalabbra caddero sul pavimento.
    Victor si scusò frettolosamente e mentre lei imbarazzata rispondeva che non era un problema, lui era già davanti al suo amico.
    - Hai Biologia adesso non è così? - s’informo.
    Damien colto alla sprovvista sobbalzò. - Oh, rilassati amico. Ma che ti prende? Vuoi farmi venire un infarto? -
    - Hai Biologia? - gli chiese nuovamente.
    - Si. E se non ti dispiace muovo il culo prima di prendere l’ennesima nota. Quella stronza della prof mi sta col fiato sul collo. -
    Victor gli diede il biglietto.
    - Ho bisogno che consegni questo a Jessica. -
    Damien cercò di studiare l’espressione nel volto di Victor, ma non c’era niente, neanche lo guardava. Prese il biglietto piegato con cura, con gli angoli allineati, lo mise in mezzo ad un libro e uscì dall’aula senza nemmeno salutarlo.


    - E no bella! - tuonò Judith.
    Entrando in camera, la ragazza vide un ospite sul suo letto.
    Intontita, Nives scostò il braccio con la quale si copriva gli occhi. Una ragazza le stava di fronte reggendo una pila di libri sulle braccia. Sembrava infuriata e la guardava torva.
    - Questo è il mio letto! - non perse tempo a precisare. - Quello accanto alla finestra è di Stephanie e suppongo che il tuo sia quello vicino la porta del bagno a meno che tu non abbia da ridire. -
    Nives si tirò su e si mise a sedere.
    - Uh, io… Non mi importa niente del letto - chiarì con la voce ancora impastata dal sonno.
    Poggiando entrambe le braccia sul materasso si alzò e andando incontro alla ragazza tese una mano verso di lei. - Mi chiamo Nives. -
    Judith fece roteare gli occhi in quella piccola stanza e voltandosi diede le spalle alla nuova arrivata, si avvicinò alla vecchia scrivania, vi abbandonò sopra la pili di libri che teneva fra le braccia e si voltò con il braccio teso verso di lei.
    - Io sono Judith - rispose.
    Le due ragazze si scambiarono una frettolosa stretta di mano, poi Judith si voltò nuovamente dandole le spalle.
    - Qui non è un gran che - dichiarò, guardandosi ancora in torno. - E’ sicuramente la peggiore delle stanze. Dove adesso c’è il tuo letto, c’era una poltrona. L’hanno portata via per fare spazio. Stephanie si è incazzata di brutto perché io occupo sempre la scrivania per studiare e lei, bhe… La poltrona le faceva comodo. -
    Nives guardò il suo letto. Il materasso era logoro e senza coperte.
    - Magari se metto una coperta e qualche cuscino sul pavimento, giusto quand’è ora di dormire, possiamo riprendere la poltrona al posto di quel coso - propose mentre con l’indice indicava il letto. L’espressione sul suo viso era schifata ma subito dopo sorrise.
    - Non preoccuparti Nives, ce la caveremo anche senza poltrona. Non era poi un granché - la rassicurò Judith ricambiando il sorriso.
    Improvvisamente si sentì un schianto alla porta, come se qualcosa o meglio qualcuno ci fosse finito sopra, scaraventato con forza da qualcun altro.
    - Che diamine suc… - Judith non ebbe il tempo di terminare la frase perché la porta si spalancò bruscamente facendo cigolare i cardini.
    Nives pensò che probabilmente la ragazza che era appena entrata imprecando contro l’intero mondo fosse Stephanie.
    La sua bellezza era inquietante quasi quanto il suo abbigliamento. La stoffa e i colori della sua divisa sembravano identici a quelli di Nives e di Judith ma il tutto era assemblato in modo totalmente diverso.
    Era decisamente seducente.
    Nives si chiese se la preside Fitzgerald approvasse il modo di portare la gonna abbassata fino alle anche. Quello che vedeva sbucare fuori era proprio una porzione del succinto perizoma nero della ragazza.
    No, era impossibile che quella donna arcigna fosse d’accordo a quello stile.
    Stephanie soffiò furiosa cercando di togliersi una ciocca di capelli che le si era appiccicata alle labbra carnose e continuando ad imprecare in modo isterico si liberò della giacca.
    - Quella troia di Jessica questa volta me la paga! - sbottò.
    - Vuoi calmarti?! - Judith era sconvolta. - Che ti è successo? -
    Le due ragazze iniziarono a parlare tra loro e ad agitarsi.
    Stephanie era una furia e intanto Judith cercava di fare il possibile per farla calmare e in tutto questo nessuno faceva caso alla presenza di Nives in camera.
    - Quella troia... -
    Judith cercò di esortarla a saltare la parte in cui imprecava per passare alla causa di quello che sembrava essere un problema. - Si, questa parte già la conosco, vai avanti - tagliò corto.
    - Dopo Biologia, quella stronza si è fermata a parlare con Damien! -
    - E allora? - Judith alzò le mani come se quello che Stephanie aveva appena detto non era nulla di importante.
    - Jud, tu non capisci… Loro due, in un certo senso stavano flirtando. Lo sanno tutti che Damien è cotto di Jessica! Se non ci ha ancora provato con lei è solo perché è amico di Victor ma adesso che loro due non stanno più insieme... Cazzo, Damien gli ha dato un biglietto capisci? -
    "Damien è cotto di Jessica che è sicuramente l’ex di Victor e Stephanie a questo punto è più che cotta di Damien"
    Non era stato complicato per Nives capire che il motivo di quel caos era la gelosia.
    Judith mise una mano sulla spalla di Stephanie, che se ne stava seduta ai piedi del suo letto con il viso sprofondato tra le ginocchia, cercando di tranquillizzarla.
    - Magari gli avrà passato un foglio con degli appunti, cosa puoi saperne tu se non lo hai letto - inarcò un sopracciglio mentre si fermava a riflettere. - Perché tu non lo hai letto, vero Steph? -
    - Ma lei gli ha fatto l’occhiolino e gli ha schioccato un bacio sulla guancia - brontolò Stephanie e il suo viso sprofondò ancora di più tra le ginocchia. - Dovevi vederlo Damien… Le guance in fiamme. Lui è innamorato di lei e questo significa che non ama me! -
    Stephanie incrociò le mani sulla nuca e tirò su con il naso, gli occhi arrossati e colmi di lacrime che cercava di ricacciare indietro.
    - Dio santo Steph, da quando t’importa qualcosa se Damien è innamorato di te, non dicevi che fra voi due c’era solo fantastico sesso? -
    Stephanie guardò torva la sua amica e subito dopo, evitando di risponderle, si voltò di scatto verso Nives.
    - E tu chi sei? - le chiese dopo aver notato l’estranea.
    "Oh Dio, ma allora esisto, pensavo di essere diventata invisibile."
    Visibilmente a disagio per aver assistito allo sfogo emotivo di una sconosciuta, Nives alzò lo sguardo che teneva fisso sulle sue scarpe.
    - Ehm, sono… Nives - rispose.
    - Ma che cazzo di nome è Nives? - sbottò Stephanie.
    - Giusto un nome del cazzo! - replicò Judith.
    Se non le avesse strizzato l’occhio prima di rispondere, Nives avrebbe sicuramente pensato che la stavano prendendo in giro. Poi Stephanie si mise a ridere e Judith la seguì a ruota mentre dava un buffetto sulla spalla di Nives.
    - In biblioteca… Vediamoci in biblioteca, dopo pranzo. Ecco cosa c‘era scritto! - riprese Stephanie tornando improvvisamente seria.
    - Quindi hai letto il biglietto! Ma come hai fatto? - s’informò la sua compagna.
    - Quando Damien si è allontanato, subito dopo averlo letto, Jessica lo ha strappato e lo ha gettato via. Ne ho raccolto un pezzo e questo è quello che ho letto. -
    - Quindi tu sei davvero convinta che quei due hanno… Per farla breve, credi che loro hanno una storia. - Ma questa sembrava più un’affermazione che una domanda.
    Stephanie scosse la testa e puntò il suo sguardo accigliato verso la sua compagna di stanza.
    - Certo che lo penso e farò di tutto per impedire a quella strega di soffiarmi il ragazzo che adoro da sotto il naso! -
    - Ah si? E come pensi di fare? -
    - Non lo so ancora, ma troveremo un modo. -
    - Troveremo un modo? -
    - Oh Jud, sei la mia unica amica qui dentro, devi aiutarmi! -
    Fu proprio dopo quell’affermazione che Nives si sentì completamente un’intrusa in quella piccola stanza.
    Dopo aver chiacchierato a lungo e non avendo trovato nessuna soluzione per allontanare Damien dalle grinfie di Jessica, Judith e Stephanie decisero che non avrebbero saltato il pranzo per continuare a scervellarsi sul da farsi.
    - Su Nives, scendiamo per il pranzo. Non vorrai restare in questo buco a sistemare le tue cose e perderti l’ottimo pranzo della Jovanovic School? - e prendendo Nives per un braccio, Judith la trascinò fuori dalla stanza.


    La mensa non era per niente simile al resto della scuola, l’arredamento era anonimo e nell’aria c’era odore di frittura misto all’aroma di disinfettante al limone.
    Con un’espressione del viso sconcertata a causa dell’odore nauseante che impregnava l’aria, Nives fece roteare gli occhi in tutte le direzioni.
    La grande sala iniziò rapidamente ad animarsi, mentre gruppi di ragazze e ragazzi prendevano posto occupando i vari tavoli.
    - Come sempre c’è una fila immensa per prendere il pranzo - sbuffò Stephanie.
    - Infatti noi ci metteremo in fila in questo preciso istante! - suggerì Judith. - Sto morendo di fame. -
    Schiacciata in mezzo alle due nuove compagne di stanza, Nives si ritrovò a fare la fila con un vassoio bianco in mano e fu proprio in quel momento, mentre si voltava indietro per vedere di quanto fossero avanzate a passo di formica, che in fondo vide un ragazzo che attirò immediatamente la sua attenzione.
    Era quasi tentata di chiedere a una delle due ragazze chi fosse ma poi mentre lui sorrideva rivolto ad un compagno si accorse che lei lo stava fissando e la sua espressione, da allegra, divenne immediatamente seria e… disumana?
    Nives si voltò di scatto dalla parte opposta, era mortificata per essere stata colta a fissarlo, infatti le guance pallide le si infiammarono per quell’improvvisa emozione e divennero paonazze.
    Quando si ritrovò seduta ad uno dei tavoli infondo alla sala, i suoi occhi non si spostarono dal vassoio, assorta com’era da quell’unico pensiero. L’espressione di quel ragazzo era diventata furente appena si era accorto che lei lo stava osservando.
    - Ho appena avuto un’idea! -
    Pronunciando quelle parole ad alta voce, Stephanie la fece sobbalzare dalla sedia, facendole versare l’acqua che stava per bere sulla giacca della divisa e sulla camicetta.
    - Dio, scusami Nives, non volevo spaventarti - si scusò, soffocando una risata. - Devo assolutamente sapere cosa si diranno Jessica e Damien in biblioteca - aggiunse.
    - Accidenti Steph! Questa non mi sembra affatto un’idea - sbottò Judith mentre porgeva sbadatamente un fazzoletto a Nives.
    Agitando in aria la forchetta con cui aveva appena infilzato una polpetta unta e grondante di olio, Stephanie la fulminò con lo sguardo.
    - Nives andrà in biblioteca - stabilì.
    -Che cosa?! - chiese Nives sgranando gli occhi.
    Stephanie e Judith stavano pianificando tutto tra loro non curandosi affatto della sua opinione.
    - Con la scusa di prendere un libro potrebbe spiare quei due - continuò Stephanie imperterrita.
    - Oh no, io non ho intenzione di spiare nessuno. Non lo farò. Mi dispiace - si affrettò a precisare.
    Quel ridicolo piano, incuriosì Judith.
    - Già, idea interessante… Forse potrebbe scoprire il motivo di questo incontro in biblioteca. -
    - Ragazze? - le chiamò Nives, cercando inutilmente di attirare l’attenzione delle compagne. - Forse non sono stata abbastanza chiara, io non ho intenzione di spiare nessuno! E poi, neanche so chi dovrei spiare, forse non vi ricordate che qui sono nuova. -
    Un sorriso smagliante prese forma sul viso di Stephanie.
    - Appunto perché sei nuova! Nessuno potrebbe mai pensare che sei andata ad osservare di proposito due che neanche conosci - la rassicurò e con un gesto plateale, spalancò le braccia facendo cadere la polpetta sulla gonna di Nives mentre serrando i denti posò lo sguardo sulla forchetta ormai libera.
    - Oh Dio, come primo giorno non c’è paragone, la mia divisa è ridotta a uno schifo! - sbottò.
    Stephanie si chinò ad asciugare con un fazzoletto la grossa macchia di olio sulla gonna di Nives ma il risultato fu quello di sporcarla maggiormente.
    - Oh, lascia perdere. Ormai è rovinata, vado a pulirla con dell’acqua. -
    Nives allontanò la mano della compagna e si alzò dalla sedia.
    - Mi aiuterai ancora Nives? Non sei arrabbiata perché ti ho rovinato la divisa? - s’informò Stephanie.
    Guardando la sua espressione implorante, Nives non poté rifiutarsi di aiutarla, anche se era davvero contraria a dover spiare qualcuno, così rivolgendole un debole sorriso accettò e la rassicurò che la sua uniforme con un po’ d’acqua sarebbe tornata come prima.
    Non ci mise molto a trovare un bagno dove poter pulire la sua gonna, e con i nervi a fior di pelle si mise a strofinarla con forza mentre pensava a quell’assurda richiesta che aveva appena accettato.
    Quando fu di nuovo nel corridoio, i suoi pensieri si spostarono al ragazzo che faceva la fila dietro di lei e cercò di trovare una spiegazione a quell’occhiataccia che gli aveva lanciato dopo che si era accorto che lei lo stava fissando. Poco dopo però decise che non ci avrebbe più pensato perché era impossibile comprenderne la reazione tanto sconcertata, abbassò lo sguardo e tentò di staccarsi la stoffa umida della gonna che le si era attaccata alle cosce.
    Un tonfo sordo la fece sobbalzare. Distrattamente era andata a sbattere contro qualcuno, e quel qualcuno aveva un torace solido e muscoloso.
    - Accidenti! - bofonchiò alzando la testa.
    I suoi occhi s’incrociarono proprio con quelli del ragazzo a cui aveva appena deciso di non pensare.
    Victor la squadrò dal basso verso l’alto, soffermandosi con espressione torva sul suo viso.
    "Ancora lei!" pensò indignato.
    La ragazza aveva le gote in fiamme e i capelli scarmigliati. La strana sensazione alla bocca dello stomaco lo colpì nuovamente.
    "E’ davvero bella" stabilì, anche se aveva già notato questo particolare quando l’aveva vista fare il suo ingresso a scuola e poco prima in mensa.
    Indugiò per qualche istante su quegli occhi verdi, le sfumature grigie e dorate li rendevano unici, quasi ipnotici.
    Notò che anche lei lo guardava dritto negli occhi, fino a che non distolse lo sguardo per prima, visibilmente imbarazzata.
    Due ragazze in fondo al corridoio li fissavano esterrefatte, le bocche spalancate e quando lui le fulminò con lo sguardo fu come se cadessero dalle nuvole.
    - Credo che qualcuno ti stia aspettando - disse rivolto alla ragazza che si trovava a pochi e pericolosi centimetri di distanza da lui e si stupì non poco udendo il proprio tono di voce così roco.
    - Uh.. Ehm… Io, si beh… Già, mi stanno aspettando. Mi dispiace per… per… -
    Oddio, Nives non riusciva a mettere insieme più di tre parole sensate.
    - Per essermi finita addosso o per avermi fissato spudoratamente nella mensa? - s’informo Victor cercando d’imprimere alla propria voce un tocco di acidità.
    Spudoratamente? Nell’udire quella parola il sangue le pompò fino alle orecchie.
    - Ma io, io non ti stavo fissando spudoratamente… Sono certa che hai frainteso perché... No ne avevo nessuna intenzione… Cioè… -
    - Si okay, come preferisci… Sta attenta a dove metti i piedi in futuro. - tagliò corto Victor e spostandosi di lato si incamminò lungo il corridoio.

    Edited by »Kartika« - 22/2/2011, 10:47
     
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  2. bigfe78
     
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    mi ero già salvata questa pagina x leggerlo ma visto che lo posti anche qui lo leggo sul nostro forum appena ho tempo
     
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  3. »Kartika«
     
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    Capitolo 2
    (da pag. 24 a 36)



    - Quel ragazzo è davvero uno stronzo! - dichiarò una volta che ebbe raggiunto Stephanie e Judith.
    Le due ragazze avevano ancora la bocca spalancata per lo stupore.
    - Ma chi diavolo crede di essere!? - continuò a borbottare mentre si lisciava la stoffa stropicciata della gonna.
    - Hai appena avuto uno scontro fisico con Victor Bromwell! - l’informò Judith. - Oh mio Dio… Non ci posso credere! -
    - Cosa vi siete detti? - le domando Stephanie mentre tenendola per un braccio la guidava verso la sala mensa.
    - Lui, ha detto che io… - Nives si mise una mano sulle labbra come per bloccare le parole che con furia le stavano per uscire dalla bocca.
    "Accidenti! Non posso dirgli che mi ha praticamente accusata di averlo fissato in modo spudorato!"
    - Ehm, mi ha detto di stare attenta a dove metto i piedi - rispose poco dopo. - Ma lo ha detto in un modo davvero irritante! - precisò incrociando le braccia al petto. Sentiva le guance infiammarsi per la rabbia.
    - Spero che tu non te lo sia inimicato, sarebbe un vero peccato, sai. Victor è così affascinante, il ragazzo più corteggiato della Jovanovic School - disse Judith estasiata.
    La sua compagna aveva finalmente svelato il nome di quell’arrogante, per ben due volte.
    "Victor. Allora è così che si chiama. Un momento…"
    Nives chiese alle compagne se fosse lui l’ex ragazzo di Jessica, la ragazza per cui Damien sembrava aver perso la testa.
    Entrambe annuirono.
    Fingendo di passeggiare normalmente durante la pausa che avevano a disposizione dopo il pranzo, le ragazze non tardarono ad indicare a Nives chi fosse Jessica.
    Una ragazza alta e snella con i capelli biondi e un viso perfetto.
    Le fu semplice capire perché avesse fatto coppia con Victor e perché anche il migliore amico di lui avesse una cotta per lei.
    Era una vera bellezza e inoltre si capiva perfettamente che era convinta di esserlo.
    Sorridendo e sbattendo le ciglia, in quel momento era intenta ad intrattenere amabilmente un gruppetto di ragazzi che la circondava.
    - Guardate! - esclamò Judith. - Se ne sta andando, è il momento di seguirla. -
    Nives intrecciò nervosamente le dita all’altezza del ventre mentre imprecava mentalmente.
    "Dannazione! Come ho potuto lasciarmi coinvolgere in una cosa del genere il mio primo giorno di scuola? Dannazione!"
    - Su Niv, adesso devi proseguire da sola e cerca di scoprire qualcosa - la incalzò Stephanie mentre la spingeva a proseguire in avanti senza di loro.


    In biblioteca, Victor si aggirava nervoso tra gli scaffali in attesa che Jessica si presentasse all’appuntamento. C’era la possibilità che la sua ex-ragazza non accettasse l’invito tenendo conto che al rientro dalle vacanze estive lui l’aveva praticamente scaricata senza darle una valida motivazione.
    Victor aveva trascorso l’estate nella residenza di suo padre, Edgard Bromwell, un vampiro trentenne che quasi diciannove anni prima aveva avuto una relazione con un’umana che inspiegabilmente era rimasta incinta di lui. Immediatamente dopo la sua nascita, la donna, di cui Victor non conosceva neppure il nome, era stata allontanata da Edgard che seppur ne fosse stato profondamente innamorato, preferì spezzarle il cuore e privarla del suo bambino piuttosto che trasformarla in un vampiro e condannarla alla dannazione eterna.
    Ad ogni modo, durante quelle vacanze, Victor era iniziato a cambiare, rivelando caratteristiche simili a quelle di Edgard. Il suo udito ad esempio, nei momenti in cui era particolarmente concentrato, riusciva a percepire anche i suoni più lievi e i sui occhi riuscivano a distinguere le sagome di oggetti o persone anche al buio. Ma la cosa che più delle altre mise in allarme sia lui che suo padre, fu l’attrazione che il ragazzo iniziò a nutrire per il sangue. Tra le varie ipotesi di Edgard, c’era la possibilità che suo figlio stesse per iniziare a compiere un processo di transizione che lo avrebbe al più presto trasformato in vampiro. Motivo per il quale, al rientro delle vacanze, lui aveva deciso di porre fine alla sua relazione con Jessica.
    Un vampiro non poteva di certo innamorarsi di un’umana la cui vita era già segnata. Nascere, crescere, invecchiare e morire. Ovviamente non era detto che la morte non sarebbe sopraggiunta precocemente, gli umani erano soggetti alle malattie, agli incidenti e ad un altro centinaio di pericoli tra cui la bramosia di sangue, caratteristica comune di tutti i vampiri
    Ripensando a tutto questo, Victor non era più sicuro di voler incontrare Jessica, ma in qualche modo doveva togliersi dalla testa l’immagine del viso della nuova arrivata.
    "I suoi occhi… Quei dannati e meravigliosi occhi verdi mi manderanno al manicomio!" pensò irritato mentre stringeva forte i pugni.
    Fortunatamente quei pensieri furono interrotti dall’arrivo di Jessica e in qualche modo lui gliene fu grato.
    - Ho ricevuto il tuo biglietto Vic - lo informò la ragazza.
    Il tono della sua voce era basso e gli angoli della sua bocca si incurvarono all’insù formando un sorriso malizioso.
    - Devo confessarti che ero indecisa sul fatto di presentarmi - aggiunse facendo scorrere l’indice sulla base liscia di un tavolo mentre si avvicinava seducente verso di lui per accorciare la distanza che li separava. - Ultimamente non sei stato gentile nei miei riguardi e tuttora non so se farei meglio a lasciarti qui da solo. -
    Victor le cinse i fianchi con le mani e l’attirò a se.
    - Ma qualcosa mi dice che non lo farai sul serio. -
    - Non lo faro? - domandò lei fingendo di voler scostare il suo corpo da quello di lui. - E posso chiederti che cosa te lo fa pensare? -
    Victor le sfiorò il collo con le labbra mentre inspirava il suo costoso profumo e allo stesso tempo continuava a ripetersi che stava commettendo un grande errore. Come si sarebbe liberato di Jessica una volta che era stato proprio lui a cercarla?
    Per un breve istante, pensò all’altra ragazza e allora si sentì più sicuro di quella situazione, lui voleva togliersela dalla testa e quello era l’unico modo per farlo.
    O almeno sperava.
    Le sue labbra morbide continuarono a sfiorare la pelle di Jessica. Il collo, il mento, la guancia e il lobo dell’orecchio.
    - Sono sicuro che non andrai via per rinunciare a questo - le sussurrò.
    La sua presa si fece più decisa sulla curva dei fianchi, mentre con un gesto improvviso la sollevò da terra per adagiarla sulla stessa superficie del tavolo che lei aveva accarezzato in modo seducente poco prima.
    Jessica sorrise compiaciuta di quel gesto e sollevando le braccia gli affondò le dita tra i capelli, attirando maggiormente il viso di Victor al suo.
    - Oh Vic, lo sapevo che saresti tornato da me! - esclamò compiaciuta.
    "No ti prego, non rovinare tutto con queste cose!"
    Ma invece di pronunciare queste parole, si limitò a pensarle e senza indugiare oltre, premette le labbra in quelle di Jessica.
    Appena lui le allargò le gambe e premette il bacino tra le sue cosce, lei gemette lasciando scivolare la testa all'indietro e mentre la lingua di Victor indugiava tra l'incavo del suo collo e la spalla, Jessica trovò la forza per allontanarlo da se.
    - Potrebbe entrare qualcuno - sussurrò, la voce vibrante di desiderio.
    - Non credo che uno stupido preferisca trascorre la pausa pranzo dentro la biblioteca - la rassicurò lui prima di sfilargli la camicetta dalla gonna.
    - E se… -
    - Non temere Jes, non entrerà nessuno. -
    Le sue mani calde scivolarono sotto quel leggero tessuto per accarezzarle i seni e lei si avvinghiò ancora più saldamente a lui intrecciando le gambe alla sua schiena. Mentre la sentì gemere di piacere, qualcuno aprì la porta della biblioteca.
    - Che cavolo… - le parole gli si fermarono in gola.
    Ferma sulla soglia, con il viso esterrefatto, c’era la ragazza che in un solo giorno aveva sconvolto la sua esistenza.
    La fulminò con lo sguardo e appena lei si rese conto di aver commesso l'ennesimo e questa volta irreparabile errore, si voltò di scatto e scappò via.
    La porta si richiuse sonoramente facendo sobbalzare Jessica.
    - Chi era Vic? Oh Dio… Chi diavolo era? - domandò Jessica. Con le spalle rivolte alla porta non si era accorta dell‘intrusa.
    - Non preoccuparti, chiunque fosse non ti ha riconosciuta di schiena - la rassicurò.
    Victor le cinse i polsi con le mani e la scostò da se.
    Immediatamente si ritrovò fuori dalla biblioteca, lo sguardo vigile in ogni direzione. Doveva trovarla.


    Nives corse il più velocemente possibile, il cuore palpitante e le gote infuocate. Cercò sostegno in una colonna del salone per riprendere fiato e chinandosi portò le mani alle ginocchia tremolanti.
    "Cristo Santo!" ansimò. "Sono nella merda!"
    Appena spostò il suo peso poggiando di nuovo la schiena alla possente colonna di marmo, tirò un lungo respiro e riprese la sua corsa fino alle scale che portavano al dormitorio femminile, a quel punto spinse violentemente tutta l’aria che le si era accumulata nei polmoni ed ebbe la sensazione di sentirsi al sicuro. Si incamminò verso l’ultima porta del corridoio e appena gli fu davanti con un colpo deciso affondò la mano nella maniglia e si precipitò dentro la sua stanza.
    - Santo cielo Niv, sembri sconvolta. Cos’è successo? - Judith balzò giù dal letto e si precipitò verso di lei.
    Nives teneva ancora la schiena incollata alla porta con la vernice scrostata, una posa involontariamente assunta per impedire l'ingresso a qualcun altro e appena la sua compagna le poggiò entrambe le mani sulle spalle, si lasciò scivolare lentamente fino al pavimento dove si sedette ansante. Le sue gambe tremanti avevano deciso di non reggere più il peso del suo corpo.
    Vicino alla scrivania, Stephanie la fissava con occhi sgranati e non riusciva a dire una sola parola.
    - Jessica non era con Damien in biblioteca - l’informò Nives improvvisamente.
    Stephanie e Judith boccheggiavano.
    - Che che cosa!? Ma ne sei sicura? -
    - Oh si Judith, sono troppo sicura di quello che ho visto! -
    Stephanie si mosse in avanti per raggiungerle e come loro si mise a sedere sul freddo pavimento.
    - E allora… Chi e cosa hai visto? -
    - Victor Bro… Brom… - tentò di pronunciare il nome per intero ma non ci riuscì.
    - Bromwell?! - suggerì Judith stupefatta.
    - Si, proprio lui! - rispose. "Purtroppo"
    - Ma cosa ci faceva con Jessica? - pensò Judith ad alta voce. - La evita praticamente dal rientro delle vacanze estive. -


    Dopo aver raccontato ciò che aveva visto, lasciando le due compagne di stanza sbigottite, Nives preferì raggiungere da sola l'aula dove avrebbe seguito la sua prima lezione.
    Non fu terrificante come aveva sospettato che fosse, la sua nuova insegnante di Storia si limitò a presentarla velocemente agli altri studenti e poi le ordinò di prendere posto nell'unico banco vuoto accanto ad un armadietto in fondo alla classe.
    I suoi nuovi compagni trascorsero l'ora ad analizzarla in silenzio, mentre lei con le gote in fiamme teneva gli occhi fissi sugli appunti che non era riuscita a prendere, leggendo le uniche parole che aveva scritto.

    Damien ha consegnato a Jessica un biglietto da parte di Victor.
    Victor è il ragazzo più bello che ho visto in tutta la vita.
    Victor è di sicuro pericoloso… Sta con Jessica è evidente…
    Non pensarci Niv!!!


    Ma non ci riusciva, continuava ad arrossire pensando a quello che lui stava facendo con Jessica in biblioteca e non si curava affatto degli sguardi che le rivolgevano i compagni. Continuava a chiedersi come poteva sentirsi una ragazza stretta a quel modo ad un ragazzo, immaginava se stessa seduta su quel tavolo con Victor premuto sul suo corpo.
    Quando l'ora di storia terminò, pigramente si alzò dalla sedia, consapevole di non aver compreso neanche l'argomento principale della lezione.
    Questo non le era mai capitato.
    Con aria distratta s'incammino lungo il corridoio. Doveva resistere ad altre due ore di lezione, dopo se ne sarebbe tornata in camera sua e avrebbe dormito. Desiderava soltanto chiudere gli occhi e non pensare più a niente.


    La mattina seguente, Victor fu il primo a raggiungere l’aula della signorina Norton. Si sedette pesantemente al suo posto, i gomiti sul banco e con le dita prese a massaggiarsi le tempie.
    "Che storia… Questa ragazza è peggio di un incubo!" pensò infuriato.
    Per tutta la notte, non aveva fatto altro che rivivere nella sua mente l'episodio della biblioteca che di per sé era già un grosso sbaglio. Illudere Jessica che tra loro tutto potesse tornare come prima non era stata una buona idea. E poi, il viso sconcertato di quella ragazza lo aveva tenuto sveglio quasi fino al mattino.
    Intanto, mentre l'insegnate armeggiava con il proiettore, poiché avrebbe trascorso le due ore di lezione a mostrare dipinti del diciottesimo secolo, l'aula cominciò a riempirsi e una ragazza si fermò al lato della cattedra con gli occhi bassi.
    Victor assorto dai suoi pensieri non si accorse nemmeno che l'aula si era già riempita, era distratto oltre ogni modo.
    L'insegnate rivolse a Nives un sorriso smagliante.
    - Ah, bene signorina Grad, ci rivediamo finalmente! Ha visto qualcosa d'interessante in giro? -
    Nello stesso istante in cui Nives alzò il viso, pensando all'episodio sconvolgente a cui aveva assisto il giorno precedente nella biblioteca della scuola, anche Victor riemerse dai suoi pensieri e i loro sguardi s'incrociarono.
    - Oh, io non credo di… di aver visto qualcosa d'interessante. Per il momento - rispose distogliendo immediatamente lo sguardo e tornando a fissare il pavimento.
    C’era qualcosa in lei, che Victor trovava insolitamente divertente in quel momento. La sua evidente timidezza mal celata.
    - Spero che in seguito potrà trovare qualcosa d'interessante qui alla Jovanovic School. Le dispiace spegnere la luce e accomodarsi in quel banco in fondo all'aula signorina Grad? -
    Annuendo con un impercettibile movimento della testa, Nives spense la luce e si recò al suo posto in fondo all’aula.
    Gli era passata così vicino che se avesse allungato una mano, Victor le avrebbe sfiorato l'orlo della gonna.
    Era lì adesso, seduta in fondo alla stessa aula, chissà se stava seguendo attentamente la lezione o se stava pensando a ciò che aveva visto in biblioteca.
    Per tutto il resto della lezione i pensieri di Victor furono rivolti unicamente a lei. Avrebbe voluto voltarsi per guardarla in viso, sarebbe arrossita ancora o forse lo avrebbe ignorato? Magari non si sarebbe neanche accorta di lui se si fosse voltato a guardarla. E con questo ultimo pensiero poggiò entrambe le mani ai lati del banco e si voltò.
    Il viso della ragazza, nella penombra era più bello, la luce tremolante del proiettore donava riflessi mutevoli alla sua pelle e notò anche, che lei lo stava guardando.
    Ma era stato un caso o per tutta la lezione le aveva tenuto gli occhi addosso come nella mensa?
    Questo non lo avrebbe mai scoperto.
    Strinse con più forza le mani ai lati del banco.
    Quello scambio di sguardi, durò solo brevi secondi perché lei improvvisamente voltò una pagina del suo blocco degli appunti e si mise a rosicchiare la matita. Era nervosa, imbarazzata o infastidita?
    Prima di poterlo scoprire tramite la sua espressione, la campanella suonò e la vide sobbalzare dalla sedia mentre in un attimo aveva già afferrato le sue cose per schizzare fuori dall’aula.
    La vide oltrepassare la porta facendosi largo tra i compagni e vederla strusciarsi ingenuamente contro altri ragazzi lo infastidì.
    "Che cosa sciocca" pensò "non sono geloso di nessuno, e poi, che assurdità, come potrei esserlo di una ragazza che nemmeno conosco! Ma che mi prende?"
    Afferrò anche lui le sue cose con la stessa rapidità che aveva usato lei, scostò la sedia con le gambe e si precipitò nel corridoio.
    Voleva fermarla e non gli importava se non sapeva ancora cosa le avrebbe detto.
    Ovviamente lei era sparita. Victor guardò in entrambe le parti del lungo corridoio prima di scegliere da che parte andare, poi si diresse verso il dormitorio femminile.
    "Non può sparire sempre nel nulla!"


    Prima di arrivare alle scale, Nives si guardò alle spalle, aveva la sensazione di essere seguita, pensava che Victor, dopo la lezione, si sarebbe precipitato fuori dall’aula mostrando tutto il suo disprezzo nei suoi confronti, specialmente dopo il suo ingresso in biblioteca e così si mise a correre nella direzione del dormitorio femminile, l'unico posto dove pensava di tenersi alla larga da lui .
    - Hei, ragazza curiosa! -
    In cima alle scale invece lo trovò ad aspettarla con le braccia incrociate sul petto. Sembrava che le stesse sorridendo.
    - Ero intenzionato a bussare a tutte le porte per trovarti. -
    Si, adesso Nives lo vide proprio sorridere.
    Victor si lasciò cadere le braccia lungo le gambe e poi le fece cenno di salire.
    Ormai, non c'erano altre vie di fuga, non potevano continuare a giocare al gatto col topo all'infinito e non poteva sperare di non doverlo più rivedere. Frequentavano le stesse lezioni, nello stesso collegio e soprattutto vivevano sotto lo stesso tetto, era impossibile nascondersi per sempre.
    "Ok! Non continuerò a scappare. Lo affronterò una volta per tutte e non gli permetterò di insultarmi questa volta!" pensò e cercando di ritrovare la stabilità delle ginocchia, iniziò lentamente a salire i gradini coperti da un'impeccabile tappeto cremisi.
    Si arrestò un gradino sotto la figura eretta e minacciosa che l'attendeva, serrò occhi e mandibola contemporaneamente, inspirò e sollevò il mento indispettita.
    Victor continuava a tenere lo sguardo fisso su di lei, ma questa volta Nives non vi trovò le fiamme d'ira che le aveva rivolto in mensa, all'uscita del bagno e in biblioteca, gli parve di notare qualcosa di strano nel suo sguardo, talmente strano che lo faceva apparire addirittura divertito, solo che non riusciva ad individuarne il motivo.
    Continuando a fissarla dal gradino superiore, Victor si sforzò di soffocare una risata appena notò le gote arrossate e i capelli scarmigliati della ragazza. Dopo la lezione se l'era data a gambe levate cercando di sfuggirgli. Aveva paura di lui? Era profondamente imbarazzata per averlo scoperto in biblioteca in atteggiamenti assolutamente inequivocabili con Jessica?
    Ne era sicuro!
    Le afferrò impulsivamente il polso e la costrinse a seguirlo. Poco lontano, si fermò con lei fin dove una parete li avrebbe nascosti agli occhi di chi si affrettava a raggiungere il dormitorio e la schiacciò contro il muro.
     
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  4. »Kartika«
     
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    Capitolo 3
    (da pag. 37 a 44)



    «Ehi, sei impazzito? Mi fai male, lasciami andare im-mediatamente!»
    Nives non comprendeva le sensazioni e le reazioni del suo corpo. Schiacciata contro la parete sentiva il caos dentro di se mentre Victor con espressione imperscrutabile teneva il naso ad un palmo di distanza dal suo.
    «Non voglio farti male ma tu non devi muoverti» cercò di rassicurarla.
    La voce di Victor era un leggero sussurro e Nives ne percepì il profumo di menta.
    «Sta arrivando la preside, se ci trova insieme in questo piano ci sbatte fuori entrambi!» esordì Victor all’improvviso.
    Il cuore di Nives mancò un battito.
    “La preside, quella strega è qui?”
    Il piano in cui c’era il dormitorio delle ragazze era an-cora deserto ed escludendo il suo cuore che batteva all’impazzata e il respiro di Victor, non udiva alcun ru-more. Che lui si stesse prendendo gioco di lei?
    Considerando i suoi improvvisi sbalzi d’umore era molto probabile.
    Victor si scostò leggermente dal suo corpo e la prese per mano.
    «Vieni» le ordinò. «Se ci spostiamo dietro quella co-lonna non ci vedrà.»
    «Ma qui non c’è nessuno! La preside Fitzgerald sarà da qualche parte al piano di sotto» protestò a bassa voce e intanto le sue gambe, per l’ennesima volta quel giorno, persero la loro stabilità.
    Non si fidava di lui, era pericoloso.
    Tornò con il pensiero a ciò che aveva visto in bibliote-ca, al corpo di Jessica avvinghiato al suo ma questo non bastò ad alimentare la sua protesta e senza indugiare oltre lo seguì dietro una delle colonne.
    Il ticchettio svelto di tacchi non tardò ad arrivare, poi fu attutito dal pesante tappeto cremisi che rivestiva le scale. Qualcuno era diretto al quel piano.
    Che fosse davvero la temuta preside Fitzgerald? Il pa-nico degli ultimi minuti aumentò e senza pensarci Nives si ritrovò a stringere la mano di Victor senza nemmeno pensarci.

    Lei gli aveva appena stretto la mano e Victor sentì uno strano formicolio diffondersi da lì fino a tutto il braccio.
    Era spaventata, continuava a mordersi e a tormentarsi il labbro inferiore e lui sentì improvvisamente il bisogno di proteggerla e rassicurarla.
    Notò che non era una ragazza bassa ma non era neanche alta rispetto a lui, il suo fisico era minuto anche se aveva percepito la rotondità dei suoi seni premuti contro il torace mentre la teneva con le spalle inchiodate alla parete, pochi istanti prima.
    ”E’ perfetta!” si ritrovò a pensare e anche quella volta non riuscì a nascondere a se stesso che era attratto da lei, totalmente.
    Era tutto così strano. Cosa sapeva lui di quella ragaz-za? Non conosceva neanche il suo nome di battesimo. Eppure dal momento in cui l’aveva vista scendere dall’auto nel cortile aveva percepito una strana sensazione che non riusciva a spiegarsi ma che in qualche modo era collegata a lei.
    Si sporse dalla colonna che li nascondeva e vide l’austera preside svoltare dalla parte opposta alla loro direzione, tornò con lo sguardo sulla ragazza che sembrava trattenere il respiro e gli sfiorò la guancia con le dita, sentendone la morbidezza e la delicatezza.
    «Sta tranquilla, non rischiamo l’espulsione» disse pro-vando a rassicurarla.
    Ma solo sentendo pronunciare la parola “espulsione”, le ginocchia di Nives cedettero ancora. Questa volta però non fu abile nel nasconderlo, anzi, il suo corpo oscillò in avanti accorciando pericolosamente la distanza che la separava da Victor che prontamente la sorresse afferrandola per i fianchi, cosa che per altro non le impedì di finirgli addosso di peso.
    Erano strane tutte quelle sensazioni, era deliziata da quel contatto, affascinata da quel ragazzo ma allo stesso tempo aveva paura di lui. Cosa avrebbe fatto se lui si fosse avvicinato di un solo centimetro al suo viso?
    La distanza era già minima e sentiva il suo respiro caldo, che quasi la stordiva, sulla pelle.
    «Okay, adesso siamo al sicuro… Ehm, io credo che possiamo separarci adesso» gli disse con le guance in fiamme.
    «E se la preside tornasse indietro?»
    Cosa cercava di fare Victor, voleva spaventarla o stava cercando di proteggerla?
    Nives gli poggiò le mani sul petto e lo allontanò da se.
    «Perché mi stavi seguendo?» gli chiese all’improvviso.
    «E tu perché sei scappata?»
    «Oh, non penserai di rispondermi con un’altra do-manda. Non mi piacciono questi giochetti.»
    Victor sorrise.
    «Non sto giocando. Ma penso che tu sappia già che ti seguivo per lo stesso motivo per il quale tu stavi scap-pando.»
    Nives inarcò un sopracciglio, poi le sue guance si colorarono violentemente di rosso.
    «Ero imbarazzata per quello che ho visto…»
    «In biblioteca» terminò lui la frase al suo posto.
    «Si» confermò. Mentire era inutile. «Ma puoi stare tranquillo, non lo racconterò a nessuno» si affrettò a pre-cisare.
    “Anche se l’ho già detto alle mie compagne di stanza” ma questo particolare preferì tenerlo per lei.
    «Io invece non ti ho seguita per chiederti di mantenere il segreto, anche se apprezzerei molto che tenessi per te ciò che hai visto, soprattutto per la ragazza che era con me in quel momento.»
    «Uhm, io non l’ho neanche vista. Beh, era girata e… Voi eravate… Insomma voi… Io…»
    Santo cielo perché cercava di raccontare i particolari di ciò che aveva visto?
    L’imbarazzo s’impossessò di lei e la lingua le si attorcigliò impedendole di parlare liberamente.
    «Ehi, tranquilla. Puoi respirare adesso. Con quella ra-gazza, ci stavamo solo baciando.»
    “ah ah ah… Solo baciando? Sicuramente pensa che sono una stupida.”
    Ma anche questo pensiero lo tenne per se e anche un pizzico di gelosia che stava imparando a riconoscere proprio in quell’istante.

    «Ovunque mi giro tu sei li a fissarmi>> la redarguì poco dopo. «Perché?»
    Che fosse una specie di spia mandata per osservare i suoi movimenti?
    Forse qualcuno indagava sulla sua identità, forse aveva destato dei sospetti e avevano mandato quella ragazza per trovare delle prove. Victor non poteva non dubitare di una simile possibilità, dopotutto era figlio di un vampiro e di un’umana anche se le caratteristiche tipiche di suo padre e della sua specie non si erano del tutto manifestate. Qualcuno poteva aver ricevuto delle informazioni, forse da sua madre, una donna che non aveva mai conosciuto. Dopotutto, quali garanzie poteva avere su una sconosciuta?
    «Sono appena arrivata, mi sembra normale che io mi guardi intorno e poi non è colpa mia se tu finisci sempre nel mio campo visivo!»
    Lei sembrava così ingenua nel rispondere e per niente calcolatrice anche se Victor notava un pizzico d’ira nel tono della sua voce. Era forse per questo che doveva stare in guardia?
    Sicuramente se avessero deciso di sorvegliarlo, non a-vrebbero mandato qualcuno a cui lo si poteva leggere in viso.
    «Allora cercherò di lasciare libera la tua visuale. Magari questa sarà l’ultima volta che mi vedrai o che parlerai con me.»
    Ma poteva essere possibile considerando che studiavano e vivevano praticamente sotto lo stesso tetto? E poi, voleva davvero che quella fosse l’ultima volta in cui l’avrebbe guardata negli occhi e avrebbe parlato con lei, ascoltato la sua voce deliziandosi di quel rossore che gradualmente s’impossessava delle sue gote?
    No! non lo avrebbe voluto né desiderato ma era una cosa necessaria da fare per scoprire se lei avesse continuato a cercarlo. Se così fosse stato, doveva assolutamente evitare che qualcuno scoprisse la sua vera identità e soprattutto quella di suo padre.

    Trascorse una settimana dalla loro breve e strana conversazione e ancora, Nives non riusciva a comprendere perché Victor avesse preso la decisione di evitarla. Non lo aveva più visto in mensa e neanche alle due lezioni di Storia dell’Arte. Quel ragazzo era sparito dall’istituto eppure lei sentiva dappertutto la sua presenza, come un’entità misteriosa che le restava accanto.
    Si domandava se lui la disprezzasse, forse aveva frainteso l’episodio della biblioteca, magari pensava a lei come ad un’impicciona che lo stesse seguendo e ne era rimasto infastidito, oppure non voleva avere niente a che fare con l’ultima arrivata ma quest’ultima ipotesi non la convinceva tanto.
    Doveva esserci comunque un motivo e prima o poi lei lo avrebbe scoperto.

    Da quando aveva saputo che Jessica e Damien non a-vevano una relazione, Stephanie fluttuava nell’aria, era sempre sorridente e stranamente cordiale con tutti, anche con chi la chiamava strega per via del suo abbigliamento sexy e un po’ dark.
    «Sei quasi irritante Steph, ti preferivo cupa e piagnucolosa. Che fine ha fatto la tua aura nera?»
    «Oh Niv, è sparita grazie a te!»
    “E grazie alla tua brillante idea di seguire Jessica in biblioteca, adesso quell’aura nera si è attaccata addosso a me!” pensò Nives.
    Fino ad un attimo prima se ne stava sdraiata a pancia in giù sul letto cercando di scacciare il ricordo dell’incontro con Victor, doveva concentrarsi sullo studio visto che le avevano assegnato dei compiti extra per mettersi al pari dei compagni e con il programma e quel ricordo la distraeva continuamente.
    Si girò su un fianco poggiando il viso su una mano.
    «Potresti fare meno rumore mentre saltelli per tutta la stanza? Sarebbe un buon modo per ringraziarmi e mi consentiresti inoltre, di concentrarmi su questi» le disse e alzando un plico di fogli gli fece notare i suoi esercizi di chimica.
    «Oh si, starò più attenta a non disturbarti! Ma per ringraziarti ho deciso di portarti con me stasera.»
    «Stasera?»
    Ma di che parlava?
    Nives sapeva bene che dopo la cena e lo svago nella sala ricreativa gli studenti non potevano lasciare le loro stanze.
    «Andremo ad un piccolo raduno nel bosco» le annunciò Stephanie. «Vedrai che ci divertiremo!»
    «Nel bosco di sera? Ma come usciremo da qui?»
    «Non preoccuparti di questo, sappiamo come fare. Oddio, sono così eccitata!»
    Stephanie continuò a saltellare per tutta la stanza.
    «Ma ci pensi? E’ stato proprio Damien ad invitarmi!»
    Ai salti si unirono anche le giravolte.
    «E tu puoi portare chi vuoi?»
    Stephanie si accigliò. «Uhm, non mi ha detto di andare da sola e neanche di invitare qualcuno a mia volta…»
    Fece un cenno con la mano come per allontanare ciò che stava pensando e poi aggiunse sorridendo «comun-que, tu e Judith verrete con me!»
    «E’ davvero gentile da parte tua e credimi, lo apprezzo molto ma… Non pensi che forse Damien voglia rimare con te, da solo?»
    «Tranquilla piccola! E poi tu e Jud non mi starete mica attaccate addosso. Ci saranno altri ragazzi sai?»
    “Ci sarà anche Victor?” si chiese mentalmente ma ov-viamente non ricevette nessuna risposta.
    Non poteva neanche chiederlo a Stephanie perché non sapeva come motivare la domanda. Ad ogni modo, lui non voleva avere niente a che fare con lei. Le aveva anche detto che non si sarebbero più visti ne parlati perché probabilmente la sua presenza lo irritava e realmente era sparito per una settimana intera. Ma allora perché a lei interessava sapere qualunque cosa su di lui? Perché non riusciva a toglierselo dalla testa?
     
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    Molto bello Kartika complimenti due personaggi molto intriganti mi piacciono. Victor è molto interessante e sono curiosa di sapere come si evolverà il suo personaggio e la storia
     
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4 replies since 22/2/2011, 10:13   64 views
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